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sabato 1 gennaio 2011

Perché parlare di coscienza anche quest'anno

Intanto Buon 2011 a tutti!
Vorrei iniziare questo nuovo anno con una domanda che mi faccio da un pò e che magari qualche lettore di questo blog si sarà fatto: "Perchè parlare di coscienza?", "A cosa serve parlare di coscienza con termini che spesso sono lontani dalla nostra sensazione e dalla nostra idea di quello che la coscienza è o possa essere?", e soprattutto "Se non c'è una risposta chiara e convincente per tutti non sarà poi un discorso poco fecondo?".
In fin dei conti, siamo creature "condannate" a vivere - o forse "premiate" a seconda dei punti di vista - in una dimensione fisica e biologica ben precisa che è quella macroscopica in cui non abbiamo la benché minima percezione di quello che accade dentro il nostro corpo e che pertanto hanno "inventato" un mondo, anzi infiniti mondi, grazie alle capacità evolute ed alla complessità di quello "strano organo" chiamato cervello.
Escher, Specchio Magico (1946)

Non credo che molti si focalizzino più di tanto sul fatto che siamo costituiti da cellule, da un sistema nervoso, da un sistema sanguigno, da atomi, da particelle "elementari" e via dicendo o su quale sia la relazione fra i numeri o gli enti geometrici e la struttura del nostro cervello, mentre é sicuramente vero che viviamo la nostra vita all'interno di un mondo fatto di "cose" (oggetti vari, tecnologie, ecc.), di persone, di esseri viventi, di emozioni, di affetti, di pensieri, di poesia, di arte, di musica, di problemi pratici come il lavoro, i soldi, dove qualcuno si interessa di politica, qualcun altro di finanza ed economia, altri di cose molto più "materiali" ma sempre utili e comunque ben inserite in un ecosistema che è saldamente antropomorfo.

In definitiva, non "serve" a molto sapere cosa c'è "dentro di noi" e cosa c'è "là fuori" se non in termini direttamente correlati alle nostre finalità macroscopiche.
Per questo motivo, i nostri interessi sono essenzialmente interessi macroscopici e tendiamo a trascurare i dettagli, almeno che per qualche motivo non li riteniamo importanti in base a nostre valutazioni soggettive.
Se poi aggiungiamo che ogni volta che la scienza ci da' una spiegazione finisce spesso per "castrare" il mondo (anzi, i mondi) che noi abbiamo costruito e nel quale ci siamo collocati in secoli di evoluzione sociale e culturale, ci rendiamo conto che entrare nei dettagli può essere non solo poco chiaro, ma anche poco conveniente se ci può costringere a dover mettere in discussione la nostra visione complessiva del mondo che abitiamo e di noi stessi.
Dopotutto la nostra esistenza è più o meno saldamente incanalata su binari alquanto "rigidi": lavoro, famiglia, denaro, salute, qualche svago, relazioni sociali e cyber-sociali più o meno intense. E' in e da questo mondo che siamo  "presi", il resto non ci sembra "davvero importante" o comunque immediatamente tale.
Che esistano i quanti, i neuroni o i buchi neri fa poca differenza al fine della nostra vita quotidiana, che sembra proprio essere fatta di tutt'altro, di cose che chiamiamo emozioni, amore, sogni, desideri, piacere, giustizia... Ce lo dicono poi gli stessi scienziati più "illuminati": la scienza non è una tuttologia che può spiegarci ogni cosa, anzi quello che spesso resta fuori della sua portata, stranamente, sono proprio quelle emozioni, quei desideri e quel senso di giustizia di cui è fatta la nostra vita interiore.
In qualche modo, la nostra visione del mondo si (af)ferma ad un "livello di zoom" che è in massima parte a grana molto grossa, anche quando parliamo di sensazioni che ci sembrano esprimere il nostro più profondo sentire e quindi ci sembrano rivestire un grado di verità quasi incontestabile.
Se parliamo in termini fisici, tutto ciò che accade è fatto di una infinità di "particelle" che si combinano ed interagiscono fra di loro, ma ci viene proprio innaturale pensare che quando usciamo la mattina per andare al lavoro in "realtà" siamo "nient'altro" che sciami di particelle che hanno "deciso" di andare a lavorare: ma perché dovrebbero lavorare delle particelle per quanto aggregate complessamente?
Pertanto, la controintuitività della rappresentazione scientifica di ciò che siamo è tale che siamo interessati a ciò che la scienza ci dice nella misura in cui ci può essere utile, ma tendiamo a distaccarcene quando ci parla di quello che c'è nella nostra "scatola nera", ossia il cervello.
Mi spiego meglio: ormai siamo quasi tutti convinti che esistono i geni, che le malattie in qualche modo "misterioso" dipendono da loro, che magari il nostro stesso carattere dipende dai geni, insomma siamo ben disposti a concepire un mondo in cui una buona parte del nostro essere sia dipendente da questo "fantomatico" DNA (semplifico molto, perché in materia ci sono diverse scuole di pensiero e l'epigenetica è una branca in costante progresso), ma se qualcuno ci dice che non abbiamo alcun libero arbitrio e che ogni nostro pensiero è determinato da processi fisici sottostanti, per quanto complessi, allora cominciamo a non essere così convinti e anzi tendiamo a ribellarci all'idea stessa che quella "scatola nera" ci condanni ad essere "ai suoi ordini", per altro la cui natura profonda ci è ignota.

La coscienza diventa, in tal senso, il nostro ultimo baluardo di libertà rispetto ad un mondo materiale che è rigidamente regolato da leggi fisiche. Anzi di più: la coscienza diventa una sorta di patrimonio e rifugio individuale in un mondo regolato non solo da leggi fisiche, ma anche e soprattutto da rigide regole economiche, sociali e politiche.
Ma ne siamo certi? Siamo convinti che la coscienza sia al di fuori delle leggi fisiche? Siamo certi di poter credere nel libero arbitrio? O non si tratta, piuttosto, di una mera illusione del nostro cervello per sopravvivere in quella realtà macroscopica di cui parlavamo?
E se è un'illusione, allora potrebbe significare che le illusioni sono una realtà biologica e quindi fisica? Dopotutto, un'illusione sarà fatta di atomi o di cosa?
La coscienza ci sembra essere la casa della nostra vita morale e quindi delle nostre decisioni esistenziali più profonde (quindi della volontà), ma se è in fin dei conti un'aggregazione complessa di atomi nella nostra testa che si muovono e si combinano "all'impazzata" o con regole la cui dinamica non ha un senso particolare avvertiamo inevitabilmente l'imbarazzo di trovare un qualche punto di contatto fra "quegli atomi" e i "nostri pensieri".
In palio c'è poi ancora di più: la nostra stessa immagine di noi stessi e fino a che punto possiamo averne una che trascenda in toto o solo parzialmente i dati fisici, dicendoci che la scienza e le leggi fisiche non possono spiegarci la natura profonda del nostro io (anche la stessa immagine della scienza è in gioco, se ci riflettiamo, dal problema della co-scienza).
Siamo degli esseri "metafisici" o "fisici" ? O la metafisica è nient'altro che una fisica particolare all'interno dei nostri pensieri meramente fisici, diciamo un insieme molto complesso di pattern di atomi all'interno della "scatola nera"?
Come vedete le domande sono tante e per chi vuole impiegare un pò di atomi all'interno del proprio cervello, direi che abbiamo un altro anno per parlarne e per approfondire!

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2 commenti:

Dario de Judicibus ha detto...

Fantomatico DNA????? Stiamo scherzando, vero?

Unknown ha detto...

Dario, è detto con ironia, certo che scherzo :-)
Considera che per molti il DNA come il "bosone di Higgs" è davvero "fantomatico", ossia è una storia che si crede vera senza averla mai approfondita e quindi resta una immagine alquanto astratta. E' il rapporto dell'essere umano con la scienza e la tecnica, ossia di utente finale alquanto inconsapevole, almeno secondo me. Infatti, il post è proprio basato sul rapporto tra enti fisici e la nostra vita quotidiana apparentemente avulsa da essi.
Un saluto!

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