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Foto: Istockphoto |
Prendo spunto da un post di Giuseppe Granieri, segnalato da Gino Tocchetti su Facebook, che punta ad un altro post di Kyle Munkittrick intitolato "Does techology help us be more ethical?" per parlare, molto "al volo", di etica e tecnologia.
Lo spunto datomi da Gino è una frase del filosofo Emanuele Severino che recita "la tecnologia in fondo è solo un mezzo per produrre nuovi fini", che mi ha fatto riflettere ancora una volta sul rapporto fra tecnologia ed il suo impatto sulla società e la cultura e quindi sull'etica.
In primis, vorrei riportare le conclusioni di Munkittrick nel suo articolo :
"My argument is that technology can actually create new ethical problems and moral decisions because it allows events that were once impossible. In the case of vat grown meat, tech allows us to have our happy cows and eat them too, making our being moral all the easier. In the case of designer babies, tech gives us a big heaping batch of new problems to fret and argue over",
che è, evidentemente, più che condivisibile ma che non affronta il rapporto fra tecnologia ed etica che, a mio parere, è già molto chiaramente sotto i nostri occhi più o meno attenti.
Riporto, pertanto, il mio commento su FB a Gino per chiarire il mio pensiero in merito.
"La tecnologia produce, a mio parere, nuove abitudini di consumo e ridefinisce le relazioni sociali umane, mentre i fini non mi pare che siano molto cambiati per effetto della medesima a meno che non ipotizziamo la chimera dell'immortalità (che poi è vecchia come l'uomo) o le teorie del transumanismo.
Il fine della tecnologia, in fondo, è di perpetuare sé stessa e di creare "nuova potenza" per conquistare nuovi spazi d'azione e quindi di possibilità.
Queste nuove possibilità (che personalmente non confonderei con il concetto di "fine"), alla lunga, è difficile che non siano utilizzate ed è solo questione di tempo, di metabolizzazione culturale e di capacità economica dei singoli di acquisirle. L'etica in tutto questo rappresenta una sorta di "ammortizzatore temporaneo" che agisce in maniera per altro molto asimmetrica a seconda dei paesi e delle culture.
La tecnologia, in definitiva, "irrompe" improvvisamente nelle nostre vite e le cambia su scala globale sul piano delle possibilità che crea, ma l'essere umano resta in fondo "qualcosa di diverso" rispetto alla tecnica e questo lo sta portando a volersi ibridare fino a confondersi con essa per eludere e colmare questa "differenza".
I prodotti della tecnologia sono "belli", "funzionali", "sostituibili", "aggiornabili" ecc. e il processo in atto, anche culturale, è in tale direzione anche per l'essere umano, inteso come macchina-processo psico-biologico manipolabile tecnologicamente con le NBRIC (nanotech, biotech, robotica, infotech e cognitive sciences).
Il fattore tempo e la funzione dell'etica come "ammortizzatore socio-culturale" saranno quelli che, a mio parere, ci "separereranno" - creando una sorta di "cuscinetto" per consentire l'assorbimento delle novità - da una inevitabile e sempre più "radicale" fusione con la tecnologia.
Non saprei se tutto ciò sarà "etico" (ma cosa è l'etica?...si potrebbe discuterne per ore...) o meno, ma ipotizzo che l'etica sarà sempre più fortemente subordinata alle possibilità offerte dalla tecnologia (e dalle sue connessioni con il potere economico), che ci piaccia o meno, e che quindi in sostanza la tecnologia tenderà a diventare sempre più una scelta individuale (con rischi di esclusione per le fasce economicamente meno abbienti) più che sociale in senso stretto".
Aggiungo che in tale processo la regolamentazione giuridica dovrà disciplinare soprattutto la privacy delle informazioni che scaturiranno dal processo di "manipolazione tecnologica" dell'essere umano, come si può facilmente dedurre leggendo ad esempio questo articolo sui test genetici.
Se poi tutto ciò ci aiuterà ad essere più "etici", lascio a voi la risposta.
Se poi tutto ciò ci aiuterà ad essere più "etici", lascio a voi la risposta.