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sabato 9 ottobre 2010

Una riflessione "volante" sull'etica come ammortizzatore socio-culturale della tecnica

Foto: Istockphoto
Prendo spunto da un post di Giuseppe Granieri, segnalato da Gino Tocchetti su Facebook, che  punta ad un altro post di Kyle Munkittrick intitolato "Does techology help us be more ethical?" per parlare, molto "al volo", di etica e tecnologia.

Lo spunto datomi da Gino è una frase del filosofo Emanuele Severino che recita "la tecnologia in fondo è solo un mezzo per produrre nuovi fini", che mi ha fatto riflettere ancora una volta sul rapporto fra tecnologia ed il suo impatto sulla società e la cultura e quindi sull'etica.

In primis, vorrei riportare le conclusioni di Munkittrick nel suo articolo :

"My argument is that technology can actually create new ethical problems and moral decisions because it allows events that were once impossible. In the case of vat grown meat, tech allows us to have our happy cows and eat them too, making our being moral all the easier. In the case of designer babies, tech gives us a big heaping batch of new problems to fret and argue over",

che è, evidentemente, più che condivisibile ma che non affronta il rapporto fra tecnologia ed etica che, a mio parere, è già molto chiaramente sotto i nostri occhi più o meno attenti.

Riporto, pertanto, il mio commento su FB a Gino per chiarire il mio pensiero in merito.

"La tecnologia produce, a mio parere, nuove abitudini di consumo e ridefinisce le relazioni sociali umane, mentre i fini non mi pare che siano molto cambiati per effetto della medesima a meno che non ipotizziamo la chimera dell'immortalità (che poi è vecchia come l'uomo) o le teorie del transumanismo.
Il fine della tecnologia, in fondo, è di perpetuare sé stessa e di creare "nuova potenza" per conquistare nuovi spazi d'azione e quindi di possibilità
Queste nuove possibilità (che personalmente non confonderei con il concetto di "fine"), alla lunga, è difficile che non siano utilizzate ed è solo questione di tempo, di metabolizzazione culturale e di capacità economica dei singoli di acquisirle. L'etica in tutto questo rappresenta una sorta di "ammortizzatore temporaneo" che agisce in maniera per altro molto asimmetrica a seconda dei paesi e delle culture.

La tecnologia, in definitiva, "irrompe" improvvisamente nelle nostre vite e le cambia su scala globale sul piano delle possibilità che crea, ma l'essere umano resta in fondo "qualcosa di diverso" rispetto alla tecnica e questo lo sta portando a volersi ibridare fino a confondersi con essa per eludere e colmare questa "differenza"
I prodotti della tecnologia sono "belli", "funzionali", "sostituibili", "aggiornabili"  ecc. e il processo in atto, anche culturale, è in tale direzione anche per l'essere umano, inteso come macchina-processo psico-biologico manipolabile tecnologicamente con le NBRIC (nanotech, biotech, robotica, infotech e cognitive sciences).
Il fattore tempo e la funzione dell'etica come "ammortizzatore socio-culturale" saranno quelli che, a mio parere, ci "separereranno" - creando una sorta di "cuscinetto" per consentire l'assorbimento delle novità - da una inevitabile e sempre più "radicale" fusione con la tecnologia.
Non saprei se tutto ciò sarà "etico" (ma cosa è l'etica?...si potrebbe discuterne per ore...) o meno, ma ipotizzo che l'etica sarà sempre più fortemente subordinata alle possibilità offerte dalla tecnologia (e dalle sue connessioni con il potere economico), che ci piaccia o meno, e che quindi in sostanza la tecnologia tenderà a diventare sempre più una scelta individuale (con rischi di esclusione per le fasce economicamente meno abbienti) più che sociale in senso stretto".

Aggiungo che in tale processo la regolamentazione giuridica dovrà disciplinare soprattutto la privacy delle informazioni che scaturiranno dal processo di "manipolazione tecnologica" dell'essere umano, come si può facilmente dedurre leggendo ad esempio questo articolo sui test genetici.
Se poi tutto ciò ci aiuterà ad essere più "etici", lascio a voi la risposta.


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domenica 26 settembre 2010

Alla ricerca del coscienziometro

Il giornalista scientifico del New York Times Carl Zimmer ha recentemente pubblicato su Discover un articolo dal titolo What Is It Like To Be A Bat? What Is It Like To Be You? nel quale parla di Giulio Tononi, psichiatra italiano negli Usa, e della sua recente teoria matematico-geometrica della coscienza pubblicata assieme a David Balduzzi con il quale lavora all'interno del Dipartimento di Psichiatria dell'Università del Wisconsin.

Di seguito, pubblico l'abstract del lavoro di Tononi e Balduzzi:

"According to the integrated information theory, the quantity of consciousness is the amount of integrated information generated by a complex of elements, and the quality of experience is specified by the informational relationships it generates
This paper outlines a framework for characterizing the informational relationships generated by such systems. Qualia space (Q) is a space having an axis for each possible state (activity pattern) of a complex. 
Within Q, each submechanism specifies a point corresponding to a repertoire of system states. Arrows between repertoires in Q define informational relationships. Together, these arrows specify a quale—a shape that completely and univocally characterizes the quality of a conscious experience
Φ— the height of this shape—is the quantity of consciousness associated with the experience. 
Entanglement measures how irreducible informational relationships are to their component relationships, specifying concepts and modes. 
Several corollaries follow from these premises. The quale is determined by both the mechanism and state of the system. Thus, two different systems having identical activity patterns may generate different qualia. 
Conversely, the same quale may be generated by two systems that differ in both activity and connectivity. Both active and inactive elements specify a quale, but elements that are inactivated do not. Also, the activation of an element affects experience by changing the shape of the quale. The subdivision of experience into modalities and submodalities corresponds to subshapes in Q. 
In principle, different aspects of experience may be classified as different shapes in Q, and the similarity between experiences reduces to similarities between shapes. Finally, specific qualities, such as the “redness” of red, while generated by a local mechanism, cannot be reduced to it, but require considering the entire quale. Ultimately, the present framework may offer a principled way for translating qualitative properties of experience into mathematics".


Siamo di fronte al tentativo di rappresentare con un interessante modello matematico-geometrico quelli che nelle neuroscienze e in generale in filosofia della mente sono chiamati qualia , ovvero le esperienze coscienti soggettive di ogni essere umano.


David Dobbs in un articolo su Wired Science intitolato "The Consciousness Meter: Sure You Want That?" si e ci pone, proprio con riferimento alle ricerche di Giulio Tononi, la domanda se la messa a punto di un "coscienziometro" sia davvero auspicabile.

Le implicazioni di uno strumento che misuri gli stati di coscienza, come è intuibile, avrebbero dei risvolti non di poco conto in questioni bioetiche sempre controverse come l'aborto e l'eutanasia in quanto potrebbe essere in linea teorica possibile in futuro stabilire con un modello matematico della mente accettato dalla comunità scientifica quando la coscienza è assente o è presente e in che misura è presente in un essere umano.

Da un punto di vista epistemologico, è interessante seguire lo sviluppo di questi studi in quanto (peccato non tradotti in italiano per una facilità di lettura) delineano un collegamento tra scienza della mente e diritto che fino ad oggi non siamo abituati a considerare in maniera matematica e quindi in termini di misure oggettive (o meglio "soggettivamente oggettive").

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Per saperne di più sulla teoria di Giulio Tononi:

A "Complex" Theory of Consciousness - Is complexity the secret to sentience, to a panpsychic view of consciousness?, su Scientific American (luglio 2009)



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