Nel precedente post ho discusso delle "menti vaganti" e della tendenza che abbiamo a non essere focalizzati nel presente come possibile conseguenza della apertura logica della nostra mente. Questo stato di cose si è ipotizzato che abbia una diretta conseguenza sui nostri stati di infelicità, ma anche di felicità e creatività.
Osservando, però, i comportamenti sia miei sia delle persone che conosco on e off line mi sembra però che questa tendenza a vagare della mente sia più che controbilanciata da una tendenza strutturale, forse ancora più forte, a porre in essere degli schemi comportamentali consolidati e delle strategie cognitive ricorrenti.
Sto parlando delle abitudini comportamentali e dei modi di interagire in ambito sociale e soprattutto cybersociale.
Se è vero che la nostra mente "vaga" continuamente (da cui, come è stato affermato, l'inutile tentazione di realizzare una improbabile "macchina leggi-pensieri") è anche vero che i nostri comportamenti sono di frequente molto standardizzati e spesso prevedibili, quindi anche manipolabili. E' come se la mente da un lato se ne andasse per "conto suo" lasciandosi fluire per lo più inconsapevolmente o con una consapevolezza "arrendevole" a processi "inconsci" (dinamiche complesse neurobiologiche e "multi-codice") mentre dall'altro si stabilizzasse (anche qui più o meno consapevolmente) su schemi abbastanza rigidi di interazione con sè stessa e con il mondo esterno (in questo giocano un fattore importante anche i memi culturali e le credenze). Questi schemi/abitudini possono essere di varia natura e possono essere sia il frutto di una sorta di successo evolutivo nella loro pratica e quindi avere fruttato a chi li possiede una utilità pratica (immagino ad es. i ruoli sociali altrimenti detti "maschera sociale"), ma possono essere anche delle "patologie" come ad esempio la dipendenza dalla droga, dall' alcol, stati di ansia continua o frequente, "tic comportamentali" ecc.
Nel caso di strategie cognitive che potremmo definire di "collaudato successo" l'abitudine comportamentale potremmo immaginarla come una sorta di adattamento utilitaristico al sistema nel quale si interagisce e quindi ad una sorta di principio economico del "massimo risultato con il minimo sforzo" o del "minimo danno" (ad esempio non di rado è più facile "sedurre" se si vuole convincere un terzo di una certa cosa piuttosto che cercare di spiegargliela razionalmente, oppure è più facile fare la "pecora nel gregge" che lottare in prima persona per un diritto ecc.) , mentre altre abitudini e schemi potremmo immaginare che siano acquisiti per una sorta di inerzia a non fare diversamente e quindi a "pensare criticamente" (qui trovi un articolo interessante sul pensiero critico di Tim Van Gelder intitolato "How are critical thinking skills acquired? Five perspectives"), altri schemi ancora possono essere di natura genetica o piuttosto epigenetica.
Tra gli schemi comportamentali indotti ci sono sicuramente quelli che ci vedono "protagonisti" nell'uso delle tecnologie in prevalenza digitali. Ecco che la manipolazione dei vari strumenti di cui disponiamo (cellulari, iPad, smartphone, pc portatili, videogames ecc.) diventa una sorta di rito abitudinario quotidiano, che spesso si trasforma in schemi automatici (il "mi piace" di Facebook può essere un esempio, ma anche l'uso a volte "ossessivo-compulsivo" dei cellulari e dei videogiochi) all'interno di schemi di comunicazione pre-fissati dalle varie applicazioni tecnologiche.
Questo agire e pensare per "schemi prefissati" - anche nel senso procedurale imposto dalle tecnologie - può portare a situazioni se vogliamo "inimmaginabili" pochi anni fa (ad es. relazioni che finiscono con una comunicazione su Facebook o con un sms, relazioni meramente virtuali, forme di "solipsismo tecnologico" ecc.) e ci dovrebbe far riflettere in che misura nel nostro utilizzo quotidiano di queste tecnologie ci comportiamo in maniera non difforme da una sorta di "scimmie tecno-digitali", in cui il comportamento imitativo e abitudinario è prevalente su quello critico e consapevole ed in cui la mediazione della tecnologia finisce per essere un comodo schermo alle proprie responsabilità di esseri umani.
Tra l'altro le nostre abitudini sono, come ben sappiamo, ampiamente monitorate sul Web dove a comprova di ciò da poco é stato avviato un progetto fra Google e IN-Q-Tel, una società che fornisce informazioni "intelligenti" alla CIA : si chiama Recorded Future e, come dice il nome, attraverso un algoritmo con il quale "setaccia" la rete si propone di prevedere i nostri comportamenti futuri.
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