Credit: La luz, di Ana Inigo Olea |
In una serie di post che, come è mia ormai abitudine consolidata, riguarderanno questo assunto, che in qualche modo è ontologico esistenziale, affronterò il concetto di "macchina" associato all'attributo "ribelle" che, a mio parere, caratterizzano la nostra vita in quanto processo complesso che si muove in quello che potremmo chiamare l'iper-spazio esistenziale costituito da dimensioni fisiche (es. spaziali, biologiche, neuro-cognitive, ecc.) e meta-fisiche (psichiche, culturali, sociali, economiche, politiche, artistiche ecc.).
Ma, in realtà, non siamo proprio ribelli sempre e comunque, anzi siamo piuttosto "stranamente ribelli" in quanto, per motivi non sempre chiari e anzi direi per lo più misteriosi, la nostra storia è costellata da una lunga sequenza di assoggettamenti, asservimenti, sfruttamenti e schiavismi quando non di impensabili olocausti, genocidi e guerre mondiali.
Quando parliamo di "macchina" la nostra cultura tecnologica ed industriale ci fa subito immaginare un dispositivo costruito dall'essere umano, quindi una téchne (dal greco τέχνη), che funziona secondo un meccanismo deterministico, prevedibile, calcolabile e controllabile.
Il concetto di macchina, dunque, è in prima battuta associato a quello di meccanica e quindi di processo meccanico in cui un progetto o un programma elaborato dall'essere umano determina il funzionamento della macchina stessa.
Quest'anno, tra l'altro, ricorrono i cento anni della nascita di Alan Turing (Londra, 1912 - Wilmslow, Cheshire, 1954) che, come è noto, ha elaborato il concetto della ormai "famosa" Macchina di Turing , che è una macchina ideale o astratta che viene utilizzata nella teoria della computazione e nello studio della complessità algoritmica e che è stata fondamentale per lo sviluppo dei computer e dell'informatica.
A tutt'oggi i computer quantistici allo studio si basano sulla logica digitale della macchina universale di Turing (anche se si parla sempre più di computazione Super-Turing e di Iper-computazione con riferimento, ad esempio, ai sistemi biologici complessi ed al cervello umano, dove si usa anche il termine di computazione analogica o naturale) e quindi il concetto di macchina, sia essa classica o quantistica, è ancora dominato da quello di processo calcolabile matematicamente di tipo algoritmico digitale (zero-uno, si o no).
Credit: Vasko Taškovski |
Indubbiamente, c'è chi ritiene come i fisicalisti che l'universo sia una enorme macchina i cui processi seguono leggi fisiche meccaniche (classiche e quantistiche) che non consentono alcuna deroga o capacità di modifica, ma è anche vero che lo sviluppo sempre più fecondo della teoria della complessità ci ha dimostrato come i processi quantistici e quelli biologici siano irriducibili alla computazione digitale (non sono "zippabili" con un algoritmo) e che quindi l'emergenza radicale è un evento imprevedibile e di rottura di una catena causale formalizzabile da un unico modello.
In tal senso, la teoria dell'apertura logica (in merito vedasi Licata 2008) è una strada che apre nuovi spazi al concetto di complessità ed alla sua "misurabilità" in base a gradi/livelli gerarchici crescenti (l'essere umano, in tale modello, ha un livello di apertura logica elevato e maggiore rispetto ad un animale o una pianta o ad un computer digitale).
Come si vede, già in ambito scientifico il concetto di macchina sta subendo una modifica attraverso i concetti di sistema complesso, di metastabilità, di auto-organizzazione ed emergenza, in modo tale che se vogliamo usare il termine macchina, con particolare riferimento (ma non solo) all'essere umano, dobbiamo concettualizzarlo diversamente da quello di "meccanismo meccanico".
Già Deleuze e Guattari elaborarono provocatoriamente nell'Anti-Edipo (1972) e poi in Mille Piani (1980) (Guattari ne parlerà ancora in Caosmosi, 1992) un concetto di macchina che non era "meccanica" bensì "macchinica" : una macchina (anzi, in verità, molteplici macchine), cioè, che produce desideri, linguaggi, codici, immaginazione, sentimenti, affetti, percetti, pensieri e, in una parola, soggettività, nell'ambito di uno o più piani di immanenza o di consistenza.
Le macchine desideranti di Deleuze e Guattari sono in nuce delle macchine ribelli in quanto non sono meccaniche ma macchiniche, cioè producono novità, sono creative, desiderano produrre ed affermarsi e non ri-produrre strutture invarianti e rigide, assiomi o narrazioni che siano.
Le macchine desideranti, cioè, rifiutano di essere codificate una volta per tutte e di essere sottomesse ad una o più leggi meccaniche, fossero anche delle presunte leggi della psiche o dell'inconscio (Deleuze e Guattari ironizzano sul "teatrino dell'inconscio" e sulla struttura edipica del "segretuccio familiare").
Del resto la figura del Ribelle è antica e la troviamo ben rappresentata nella Bibbia: Lucifero o Satana, l'angelo che osò ribellarsi a Dio e che per tale colpa fu precipitato dal Cielo.
Ne consegue che già nell'immaginario religioso e popolare il Ribelle è una figura "diabolica" che decide di trasgredire alle leggi costituite (quindi vuole affermarsi oltre la legge), fossero anche quelle divine (i comandamenti sono emblematici in tal senso), e perciò decide di dividersi dalla massa e di seguire la propria strada singolare.
Essere ribelle, quindi, implica un desiderio di "mettere in dubbio" qualsiasi super-concetto, in definitiva qualsiasi Dio (il "Dio è morto" di Nietzsche è un atto di ribellione filosofica) e qualsiasi "comandamento" che non si senta come adeguato ai propri desideri più veri che sono invece gli unici degni di essere approfonditi.
La stranezza del nostro essere macchine ribelli e desideranti nel senso appena delineato sta nel fatto oggettivo che la nostra storia ci mostra come progressivamente gli esseri umani siano stati anziché dei ribelli piuttosto dei gregari e degli assoggettati, quando non asserviti e schiavizzati (a meno di quelle che Deleuze chiama minoranze non numerabili di cui parleremo).
E' come se l'essere-ribelle fosse una forma di potente desiderio sottoposto però ad una sorta di soglia di attivazione, che se non superata lascia manifestare prevalentemente l'essere-gregario e servile che, direi, caratterizza anche in massima parte la nostra società contemporanea divisa in Stati-nazione in declino e dominata dalla macchina globalizzata e globalizzante del capitalismo neo-liberista.
Credit: Nine elements, di Mikhail Nekrasov |
In questo piccolo viaggio, sarà interessante soffermarsi sul concetto di macchina nelle sue varie declinazioni, in particolare quelle proposte da Deleuze e Guattari (macchine desideranti, astratte, da guerra, nomadi ecc.) e su quello di ribellione in relazione, in particolare, ai concetti di libertà, di cooperazione, di competizione, di tradimento e di gregarietà in modo da riflettere sulla nostra condizione esistenziale di macchine stranamente ribelli, come se la ribellione (e la gregarietà) seguisse la dinamica/meccanismo di una sorta di "attrattore strano" - oggetto matematico-geometrico le cui dinamiche sono caotiche, non lineari, instabili e di dimensione frattale -, che all'incremento di "segnali ambientali" fino ad una soglia critica finisce periodicamente per emergere e prevalere determinando eventi (transizioni di fase, biforcazioni) di rilevanza sia "micro" (individuale, di gruppo) che "macro" (movimenti, rivolte ecc.).
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